ABORTO, BAMBINO MAI NATO 31.10.2004

 

La luce sferica dal soffitto
illuminava il piccolo gabinetto medico,
la donna distesa con le gambe aperte,
il medico di fronte aspirava il frutto del suo grembo.
Ella non sentiva dolore,
la sua mente prigioniera del narcotico
vagava in lande desolate,
fatte di oscura luce e di tetro tormento.
Io, in piedi, dietro al medico,
dovevo passare i ferri dovuti all’esecuzione.
Il condannato non poteva difendersi,
il letto di morte non perdonava.
La mia preghiera era rivolta al Signore,
mentre il Suo Angelo
mi indicava chi era.
Pace e Salvezza a questa anima rifiutata,
a questo errore di natura e di concentrazione,
l’Amore non ti ha colto,
ma condannato.
Capitava fra le tante esecuzioni
accettate dalla legge della società
che qualcuno barasse,
furbizia ?
Accondiscendenza del medico ?
Non posso giudicare,
posso solo rabbrividire
mentre, inchiodata dalla mia mansione,
sono costretta a subire il suo linciaggio.
Vorrei scappare,
vorrei svegliare la donna da quel falso sonno,
metterle uno specchio di fronte
e dirle:
“Guarda cosa sta accadendo !
Il tuo frutto, il tuo errore,
tolto a pezzi dal tuo grembo  urla di doppio dolore.
Che colpa ne ha ?”
Aborto, bambino mai nato,
ti hanno condannato alla pena capitale,
allo smembramento osceno.
Ma la donna tace nel suo letto bianco,
ora è libera…
Il suo uomo
è libero di tornare ai suoi affari.
La società ha fatto il suo dovere.
Io ancora non ho finito il mio:
al lavandino asettico
lavo gli strumenti di tortura e di libertà,
fra le dita
le membra di quella creatura
nessuno mi vede
piango il suo dolore
mentre l’Angelo del Signore
mi sussurra:
“Ti prego
benedici quest’anima
la riporterò subito in cielo
e sarà fatta per essa festa
poiché la sua esecuzione
non resterà impunita.”
Agnello sacrificale
di te, forse,
non si ricorderanno più.
Sulla tua anima
le ferite di guerra
ti accompagneranno,
impresse
profonde
ci vorranno anni
di carezze e di baci
infine per  cancellarle.

 

ALBA GIORDANA